Tag
mio padre e mia madre il fidanzamento, mio padre e mia madre il matrimonio, mio padre mi raccontava come ha conosciuto mamma, quando mamma e papà si sposarono, quando mio padre e mia madre si fidanzarono
UN GIORNO ARRIVO’ LEI…
LA DONNA DEI SUOI SOGNI…
Un giorno domandai a mio padre se avesse avuto desiderio di risposarsi, vista la dipartita precoce di mia madre da questo mondo. Il babbo scosse la testa e mi rispose: “Dove la trovo un’altra come tua mamma, ho dei momenti e delle cose vissute con lei, che non possono essere sostituite con nessun’altra…anzi, se vuoi saperlo, non sopporto neppure l’idea che una donna che non sia tua madre, passeggi in casa o che apra i cassetti dei mobili, per rovistare tra gli oggetti di lei”. Rimasi colpita dalla velocità della risposta e soprattutto dal contenuto profondo che conteneva, tant’è che mio padre si accorse subito del mio turbamento e allora mi raccontò dove tutto ebbe inizio…
Mio padre abitava in un podere chiamato “la Nuvola”, perché arroccato in cima ad un colle, ma non c’era di che sfamarsi erano nove in casa, dopo la tragica morte dello zio Bruno in guerra. Arrivò notizia di un podere più grosso a Magione, anzi, con precisione località “la Goga”, neanche a dirlo, tutta la famiglia si spostò verso questa nuova avventura. Il paese era distante circa quindici km dalla Nuvola, per cui non c’era motivo di star lì a rimuginare, soprattutto quando le pance vuote gridavano vendetta dal cielo! In quel luogo la campagna assumeva sembianze totalmente diverse: ampi spazi coltivati a grano, vigneti e tabacco…questa era la novità! Tabacco da coltivare e da lavorare in un tabacchificio nella vicina Magione. Sicuramente un balzo in avanti, rispetto alla collina sassosa della Nuvola! Mio padre mi raccontava che una volta trasferitosi alla Goga, continuò a fare il contadino di sempre, però almeno si mangiava e non era cosa da poco! Mia mamma era di Magione e in certi momenti della stagione lavorava il tabacco in campagna, in altri, era impegnata nel tabacchificio locale, insomma, i miei genitori si conobbero in questo ambiente comune e la scintilla scoppiò…
IL FIDANZAMENTO
A quei tempi frequentarsi tra innamorati era un’impresa che a paragone, scalare la vetta Himalayana sarebbe un gioco da ragazzi da fare ad occhi chiusi! A casa di mamma, ad attendere mio padre c’era mia nonna Giulia, “la marescialla!”. Mamma non aveva un padre, per cui era cresciuta solamente con nonna. Cosicché, le ferree disposizioni di quell’ epoca nel settore sentimentale, con nonna si elevarono alla potenza. Al cinema potevano andare solo se accompagnati da un cugino o parente…sotto stretta sorveglianza!!! Le uscite erano solo di giorno e, ovvio, sempre in mezzo alla gente, ossia, ben in vista! Le effusioni neppure a pensarle, per cui solo baci rubati e “pizzini” con languide frasi d’amore. Una volta mia mamma aveva la febbre alta e mio padre OSO’ entrare nella camera da letto per farle visita…mia nonna si piazzo’ sulla porta e il babbo mi raccontava che era così stanca di star lì a fare il cane da guardia, che spesso le scivolava la schiena lungo la porta tanto era la stanchezza, cadendo quasi in uno stato di trance, ma niente, non mollava! Allora mio padre impietosito diede un bacio in fronte a mia madre febbricitante, salutò “la marescialla” e se ne ando’. Per la “sua moretta” (così chiamava mio padre, mia madre), sarebbe arrivato prima o poi il tempo in cui tutto sarebbe diventato lecito.
L’ ANELLO DI FIDANZAMENTO
Tutta la parentela di mamma si aspettava l’ ufficializzazione del fidanzamento per cui serviva l’anello…già facile a dirsi, ma mio padre di soldi non ne aveva! Certo il podere era migliore del precedente, ma comunque non era il suo e in vigore c’era ancora la mezzadria, ciò significava che metà del raccolto bisognava restituirlo al padrone, per cui, il denaro non c’era proprio…Non so quante zappate in piu’ fece mio padre, lavorando anche per altri, per racimolare il denaro per questo benedetto anello…ma alla fine ci riuscì! L’anello in questione era d’oro con una pietruzza, mamma era felicissima, ma…essendo l’anello di scarso valore e l’oro talmente fino, che nel giro di pochi giorni si ruppe. Mia madre non si perse d’animo, lei lavorava in fabbrica, nel tabacchificio, qualche soldino ce l’aveva, di nascosto tornò dall’ orefice e si comprò un nuovo anello d’ acquamarina (che possiedo ancora) e a tutti diceva che era l’anello di fidanzamento di mio padre. Certamente per mio padre fu un’ umiliazione, d’altronde cosa poteva fare un povero contadino squattrinato? Non era neppure la prima volta, in quanto se andavano al cinema e mio padre era al verde, mamma gli infilava i soldi di nascosto in tasca, cosicche’ poteva fare il cavaliere alla cassa. Trovatemi una donna, in questa epoca, anzi, una ragazza di diciotto anni che compie gesta del genere, vado io di persona ad abbracciarla!!!
IL MATRIMONIO
E arrivò quel fatidico giorno, esattamente il 23 Aprile 1960. Matrimonio d’amore, senza ombra di dubbio, ma Signora Povertà non si tirò indietro neppure per questo evento…Mio padre prima di andare all’ altare dovette dar da mangiare agli animali, come se fosse un giorno qualsiasi. Mamma era agitatissima, si era fatta cucire dalla sarta il suo abitino da sposa, semplice, ma fatto di un bel tessuto di broccato. Una velettina sopra i suoi capelli neri, senza il tocco della parrucchiera, senza trucco, praticamente un angelo terreno! Nonna non accompagno’ questa povera figliola al suo matrimonio, per una folle usanza di quel tempo o di quel paese, si, proprio così, c’ era un vero e proprio protocollo da seguire, purtroppo non ricordo esattamente, ma sta di fatto, che mamma dovette assorbire un altro duro colpo, in quanto non aveva il padre e così… neppure la madre presente in chiesa nel giorno delle sue nozze. L’accompagno’ all’ altare un suo giovane cugino e tutto si svolse secondo il rito. Seguì un pranzo fatto in casa con tutti i parenti, com’era di consuetudine in quel tempo non troppo lontano, fatto di gente semplice, povera, ma che sapeva fare festa anche con quel poco che avevano. Uno schiaffo a questo mondo moderno, in cui impera l’egoismo piu’ becero e dove non ci si accontenta mai di nulla. Finito il pranzo, mio padre portò mamma in quella dimora di campagna, ma non da soli, ma bensì, con i genitori di mio padre e la sua famiglia…e senza il viaggio di nozze! Questa cosa devo dire, crea in me un grande turbamento, tutt’ora, mentre sto scrivendo. Penso che abbiamo avuto moltissimo benessere rispetto a queste povere creature, eppure, non siamo stati capaci di essere felici, di migliorarci come società. Mamma partì dalla sua povera casa di paese, ma illuminata dalla corrente elettrica, per entrare in un’altra dimora in aperta campagna illuminata solo dalla luce delle candele e dei lumini ad olio, eppure brillava, brillava, quella casa nel bosco fino a rischiarare la notte; era la luce immensa di quell’amore che sovrastava su ogni cosa. Una eco lontana ci puo’ giungere ancora, tra le righe di questa testimonianza, poiché se io ricordo tutto questo e riesco a trasmetterlo ad altri, significa che quel bene ancora riecheggia nel mio cuore e lo riscalda, come spero sia così per coloro che leggeranno.
2 Novembre 2017
In memoria di mio padre e mia madre, saliti in Cielo
Giusy
Cari amici ed amiche sconosciuti e non, dopo tanto tempo ho scritto un nuovo racconto nel mio blog. Oggi è la commemorazione dei defunti, ma questa storia è un inno alla vita e all’amore, per questo ho deciso di pubblicarla. Sono vivi tutti coloro che portiamo nel nostro cuore, sono vivi quando li facciamo partecipi nelle nostre vite ricordandoli con affetto, sono da esempio quando raccontiamo il loro vissuto, cercando di seguire i loro valori moralmente alti, fatti di onesta’ e di solidarieta’, nonostante questo spaccato di vita fosse infarcito della miseria più nera. Un esempio sì, perché quasi nessuno ricorda o ci fa ricordare, ciò che era la vita reale dei nostri genitori o nonni, fino a pochi decenni fa e questo silenzio, nega la comparazione con il presente, impedisce una presa di coscienza delle radici in cui si è sviluppato l’albero della nostra società moderna. Ignorare la nostra storia o negarla, è la vera morte, poiché nessuno futuro si può ricostrire non avendo memoria del passato.