APOCALISSE DI GIOVANNI – LE ALTRE COPPE DELLO SDEGNO DI DIO CAP 16, 13-14
Invochiamo il Santo Spirito affinché ci illumini nella comprensione dell’Apocalisse di Giovanni
APOCALISSE DI GIOVANNI – LE ALTRE COPPE DELLO SDEGNO DI DIO – CAP 16,13-14
13 Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane: 14 sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente.
Giovanni ora introduce – all’ interno della sesta coppa la cui descrizione risulta la più ampia come era accaduto per il sesto sigillo e la sesta tromba – una specie di trinità satanica composta dal drago, dalla Bestia e dal falso profeta vv13-14.
Da essa escono tre spiriti immondi o demoniaci, che si oppongono allo Spirito Santo e ai suoi doni. L’ immagine delle rane, sotto cui sono rappresentati questi spiriti satanici, è forse una raffigurazione legata a tradizioni antiche d’ Oriente e destinate ad incarnare il male, come era già accaduto per gli scorpioni e le cavallette incontrate nel CAP. 9. Certo e’ che l’ autore pensa alla seconda piaga d’ Egitto quella appunto delle rane.
Gli spiriti del male, inoltre, riescono a compiere prodigi e a coinvolgere le potenze terrene, preparando così – senza saperlo – il grande giorno del giudizio divino in cui il Signore Onnipotente spezzera’ il male trionfando su di esso.
Nella descrizione di questa marcia dei re contro Dio v. 14 si fa allusione alla ribellione dei vassalli contro il re messianico cantata nel salmo 2,1-3.
Questo è il mio fioretto di oggi
Giusy Lorenzini ❤️
Scritto con l’aiuto del libro del card. Gianfranco Ravasi, “Apocalisse”
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APOCALISSE DI GIOVANNI, LE ALTRE COPPE DELLO SDEGNO DI DIO CAP 16,8-10
10 Il quinto versò la sua coppa sul trono della bestia e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e 11 bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei dolori e delle piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni. 12 Il sesto versò la sua coppa sopra il gran fiume Eufràte e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell’oriente.
Giungiamo, così, alla quinta coppa v. 10 che sembra riprendere la nona piaga d’Egitto, quella delle tenebre, simbolo infernale e mortuario. È per questo che l’ oscurità si stende “sul trono della Bestia”, cioè sulla sede del male che per l’ Apocalisse è il potere oppressivo incarnato dalla Roma Imperiale, con la sua autorità tirannia e persecutrice.
Tuttavia, nonostante la prova e i tormenti i malvagi ancora una volta reagiscono con la ribellione, la bestemmia, la sfida a Dio v. 11.Si mordono le labbra per il dolore, ma trovano il coraggio di bestemmiare. Cecità esteriore attraverso le tenebre e cecità interiore si intrecciano in un’ unica trama di morte e giudizio.
La sesta coppa v. 12 ricalca in modo evidente la sesta tromba cap. 9,13-14: entrambe, infatti ripropongono l’ Eufràte, simbolo biblico della superpotenza babilonese. Ora l’ alveo di quel fiume si trasforma in una via militare aperta ai re dell’ oriente
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Scritto con l ‘aiuto del libro del card. Gianfranco Ravasi, “Apocalisse”.
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LE ALTRE COPPE DELLO SDEGNO DIVINO APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 16,8-9
8 Il quarto versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. 9 E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di ravvedersi per rendergli omaggio. 10 Il quinto versò la sua coppa sul trono della bestia e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e 11 bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei dolori e delle piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni. 12 Il sesto versò la sua coppa sopra il gran fiume Eufràte e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell’oriente. 13 Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane: 14 sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente. 15 Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti per non andar nudo e lasciar vedere le sue vergogne. 16 E radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn. 17 Il settimo versò la sua coppa nell’aria e uscì dal tempio, dalla parte del trono, una voce potente che diceva: «È fatto!». 18 Ne seguirono folgori, clamori e tuoni, accompagnati da un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l’uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra. 19 La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 20 Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. 21 E grandine enorme del peso di mezzo quintale scrosciò dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché era davvero un grande flagello.
Il settenario delle coppe dell’ ira divina, dopo la terra, il mare e le acque dolci, è ora il sole ad essere coinvolto attraverso la quarta coppa v. 8: così era accaduto anche dopo lo squillo della quarta tromba (8,12). Il flagello consiste adesso in un aumento impressionante della temperatura che tutto consuma incenerendo gli uomini v. 9
È curioso notare come le piaghe che l’ Apocalisse descrive trovino riscontri nelle degenerazioni ambientali a cui l’ umanità ha portato il nostro pianeta in epoca moderna. I simboli del giudizio acquistano, allora, un significato anche immediato : l’ ottusità, l’ egoismo e l’ arroganza e prefiurano l’infelicità e la condanna del peccato.
Tuttavia, i malvagi, pur tormentati dai flagelli divini, non conoscono conversione e pentimento ; anzi, le loro parole si fanno ancora più blasfeme. L’ ostinazione è spesso radicale, si arrocca in se stessa e nel suo orgoglio:”neanche se uno risuscitasse dai morti, sarebbero persuasi”. Osservava amaramente Gesù.
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Mi vengono in mente alcuni passaggi del Vangelo, dove Gesù, ammonisce i malvagi a cambiare strada con le immagini evocative della Geenna e dello stagno di fuoco. Luoghi di forte calore, come la Genna dove venivano bruciate le carcasse di animali morti e di persone, dopo le crocifissioni. Dunque il fuoco purificatore dell’ Apocalisse, brucia ogni scoria negativa e nonostante tutto ciò, per alcune categorie non c’è ravvedimento. Da qui, un punto aggiuntivo all’ idea che un Inferno eterno possa esistere ( come stato di malessere mentale e non come un luogo di supplizio fisico, in quanto il corpo non c’è). Mi viene in mente però, che non possiamo mettere limiti alla misericordia divina, tanto che, (è una mia riflessione), Dio alla fine del giudizio universale, possa attraverso questo fuoco potentissimo, disintegrare per sempre sia il male, sia il malvagio che l’ ha compiuto, anziché condannarlo per l’ eternità al supplizio dell’ anima, che stride, con la bontà di Dio.
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Scritto con l ‘ aiuto del libro del card. Gianfranco Ravasi, “Apocalisse”.
Invochiamo il Santo Spirito affinché ci illumini nella comprensione dell’Apocalisse di Giovanni
APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 15,7-8
7] Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d’oro colme dell’ira di Dio che vive nei secoli dei secoli. [8] Il tempio si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli.
A questo punto si ha quasi un intermezzo lirico che interrompe la sequenza settenaria delle coppe. Una voce sacra, “proveniente dall’ altare” dei sacrifici del tempio celeste v. 7 esalta e approva l’ agire divino. Il Signore della storia ha in mano le redini delle vicende umane e le, conduce secondo verità e giustizia verso una metà di luce.
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Il capitolo 15 è terminato. Voglio ricordare che il Signore non può estirpare il male nel tempo, poiché noi umani siamo dotati di libero arbitrio. Nel Vangelo Gesù ricorda sovente che la zizzania cresce in mezzo al grano, da qui la grande responsabilità che si assume l’ uomo, opponendosi alla via del bene. Con l’ avvento della Parusìa e dell’ Apocalisse, il tempo cessa di esistere e, Dio, Signore della storia umana, separa per sempre il male dal bene e il grano dalla zizzania.
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I sette flagelli delle sette coppe
[5] Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della Testimonianza; [6] dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d’oro.
Dopo il canto accompagnato dalle cetre v. 2, il santuario celeste, come nel finale del settenario delle trombe cap. 11,19, si apre per far passare una processione angelica. Siamo, dunque, in presenza di una rivelazione che parte da Dio stesso, dalla tenda della testimonianza v. 5 che nel tempio di Sion – modello di riferimento per quello celeste – indicava l’ area più sacra, la sede dell’ arca dell’ alleanza e quindi sempre divina. L’ abbigliamento di questi angeli è quello dei cittadini del cielo, avvolti nel candore luminoso della luce divina e ornati dell’ oro della loro dignità trascendente: i loro paramenti, che hanno elementi sacerdotali, rimandano però a quelli indossati dal Cristo della visione inaugurale dell’ Apocalisse v 6.
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Domani la fine di questo capitolo…. Un passettino al giorno e tra circa un mese, l’ Apocalisse sarà terminata. Chi vorrà, potrà leggerla e meditarla con la sintesi che ho fatto io, tratta dal libro del card. Gianfranco Ravasi
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Scritto con l’ aiuto del libro del card. Gianfranco Ravasi, “Apocalisse”
APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 15, 2-4 I SETTE FLAGELLI DELLE SETTE COPPE
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APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 15, 2-4I SETTE FLAGELLI DELLE SETTE COPPE
[2] Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine, [3] cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello:
“Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! [4] Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati”.
I giusti sono però, ritti e sicuri come l’ Agnello risorto v. 2. Anzi, come gli Ebrei nell’ esodo il mare cantavano l’ inno di Mosè, così anche i giusti elevano elevano a Dio un loro “cantico di Mosè e dell’ Agnello” v 3, mentre attraversano il mare delle prove.
Questo inno, che è forse desunto dalla liturgia delle chiese giovannee, è sostanzialmente un florilegio di citazione dell’ Antico Testamento, in particolare dei salmi vv. 3-4. I salvati non celebrano la loro costanza e vittoria, bensì “le opere grandi e mirabili” di Dio e i suoi progetti nel governo del mondo e della storia. La vera preghiera è, infatti lode, ringraziamento, benedizione, celebrazione, canto glorioso, professione di fede nel signore che salva.
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APOCALISSE DI GIOVANNI – I SETTE FLAGELLI DELLE SETTE COPPE CAP 15,1-8
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Apocalisse – Capitolo 15, 1
[1] Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi si deve compiere l’ira di Dio.
[2] Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine, [3] cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello:
“Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti! [4] Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati”.
I sette flagelli delle sette coppe
[5] Dopo ciò vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la Tenda della Testimonianza; [6] dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto di cinture d’oro. [7] Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d’oro colme dell’ira di Dio che vive nei secoli dei secoli. [8] Il tempio si riempì del fumo che usciva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non avessero termine i sette flagelli dei sette angeli.
Ecco ora davanti a noi una nuova parte del libro; ecco schiudersi un nuovo grande scenario di giustizio sul male nel mondo sorgente di speranza per giusti; ecco, dopo il settenario degli angeli trombettieri, mettersi in azione il settenario degli angeli coppieri. Infatti ora alle sette trombe che introduceva o altrettanti flagelli subentrano sette coppe colme anch’esse di flagelli. È evidente, come era accaduto per gli squilli di trombe, che anche il nuovo settenario c’è un esplicito rimando alla narrazione delle piaghe d’ Egitto.
Nell’ Apocalisse, “il flagello – piaga” è segno di un castigo universale, inflitto da Dio agli empi. Sappiamo già che il numero sette è sinonimo di pienezza e definitivita’.Questisette flagelli sono detti gli ultimi, v. 1 perché in essi il castigo divino raggiunge l’ apice del suo rigore, giunge al suo compimento.
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Scritto con l ‘ aiuto del libro del card. Gianfranco Ravasi, “Apocalisse”.
APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 14,19-20 LA SECONDA SERIE DEI TRE ANGELI DEL GIUDIZIO
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LA SECONDA SERIE DEI TRE ANGELI DEL GIUDIZIO CAP 14, 19-20
19L’angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio. 20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.
La vendemmia del male, che è quasi il succo della storia, produce risultati clamorosi tanto è alto il livello d’ ingiustizia dell’ umanità vv. 19-20. Quel vino avvelenato che esce dal “tino dello sdegno di Dio” diventa una specie di “Mar Rosso” che, con le sue onde travolgenti, dilaga sulla terra raggiungendo il morso dei cavalli per oltre trecento chilometri.
Nel testo si fa riferimento alla distanza di milleseicento stadi (lo stadio è sui duecento metri). Per valore simbolico dei numeri, tanto caro all’ Apocalisse, questa misurazione vuole evocare la totalità dello spazio geografico del male. Esso pervade tutto il nostro pianeta; il n orizzonte ne è avvolto; c’è una morsa che ci attanaglia e dalla quale dobbiamo essere liberarti attraverso il giudizio divino.
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APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 14,17-18 LA SECONDA SERIE DEI TRE ANGELI DEL GIUDIZIO
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APOCALISSE DI GIOVANNI – LA SECONDA SERIE DEI TRE ANGELI DEL GIUDIZIO CAP 14, 17-18
17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch’egli una falce affilata. 18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature».
Il secondo angelo, presentato nel v. 17,è invitato dal terzo angelo a compiere l’ altra operazione simbolica, quella della vendemmia, anch’essa eseguita con una falce affilata v. 18.
“Il terzo angelo”, proviene dall’ altare dei sacrifici: è il custode del fuoco sacro ed è colui che fa ascendere al cielo i sacrifici e le preghiere dei fedeli.
L’ operazione della vendemmia – che ha un ascendente biblico in Isaia 63,3, ove è segno del giudizio divino sui popoli ostili ad Israele.
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APOCALISSEDI GIOVANNI- SECONDA SERIE DEI TRE ANGELI DEL GIUDIZIO-CAP 14, 14-20
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APOCALISSE DI GIOVANNI CAP 14,-14-16
14E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d’uomo: aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. 15Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura». 16Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. 17Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch’egli una falce affilata. 18Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». 19L’angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio. 20Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.
Al centro della duplice serie di angeli che dominano il CAP. 14 c’è, solenne, la figura di Cristo, presentato con le parole della visione celeste di Daniele (7,13): egli è il Figlio d’ uomo misterioso che avanza sul trono costruito da una nube bianca e il bianco per l’ Apocalisse è, come si sa, il segno della gloria divina e, perciò, della risurrezione.
Con questo titolo di “Figlio d’ uomo”, dalle connotazioni più alte rispetto al tenore originario della formula, Cristo era già apparso proprio in apertura all’ Apocalisse (1,13). Ora egli entra in scena come re e vincitore: è il segno della corona d’ oro ad attenderlo. Ma c’è un nuovo elemento che introduce l’ aspetto specifico di questa seconda sfilata dei tre angeli ed è la falce a cui si aggiungerà la vendemmia. Già nell’ Antico Testamento esse erano simboli del giudizio divino.
La mietitura è la vendemmia così come sono tratteggiate nel nostro brano sono, però, state oggetto da parte degli studiosi, di tre interpretazioni differenti. Per alcuni entrambe le scene sono negative e incarnano il giudizio di Dio e la punizione di Dio riguardo al male della storia. La tonalità e il realismo delle immagini, oltre, ai precedenti anticotestamentari, ci convincono che questa sia la lettura più pertinente. Altri, però, interpretano le due scene della mietitura e della vendemmia come la raccolta dei giusti per entrare nel Regno glorioso del cielo. A questa visione positiva si aggiunge una interpretazione “mediana” che considera la vendemmia e la pigiatura come la condanna degli empi e la messe comela glorificazione dei fedeli che hanno portato buoni frutti.
Il Figlio d’uomo, comunque, riceve da Dio stesso, attraverso l’ angelo che esce dal tempio celeste, l’ incarico di “mietere” l’ umanità con la sua falce affilata vv. 15-16. Per noi anche questo è indizio del giudizio sul male.
Questo è il mio fioretto di oggi
Arriva la mietitura, è tempo di raccogliere il raccolto e dividere per sempre, il grano dalla zizzania.
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