Tag
era mio padre, era mio padre e lo amo ancora, il mio babbo deceduto, l' amore è più forte della morte, racconto di mio padre, ricordando mio padre, ricordando mio padre salito in Cielo, un racconto di vita di mio babbo salito in Cielo, un racconto per mio padre salito in Cielo
mamma ultima a destra, babbo penultimo a destra della foto
ERA MIO PADRE
Oggi, se mio padre fosse stato in vita sarebbe stato il suo compleanno. Mi piace ricordarlo come era caratterialmente: allegro, simpatico, grande lavoratore, molto espansivo negli affetti; una rarità per un uomo di quel tempo.
Il mio babbo a queste lodevoli doti, contrapponeva dei momenti di rabbia, nel nostro gergo locale “le sfumate”, ovvero, “le incazzature”. L’ effetto scatenante era imprevedibile, su per giù, quando io e mio fratello combinavamo qualcosa di riprovevole o sul lavoro, nella quotidianità insomma. Le “sfumate”, come dice bene la parola stessa, duravano poco e in genere dopo ci ridevamo su.
Contro le ingiustizie, quelle grandi invece, come la fame nel mondo, la guerra, il male inteso come malattia o il male compiuto ai più deboli, mio padre diventava una belva sanguinaria e su questo punto era irremovibile.
Devo dire che caratterialmente assomiglio molto a mio padre, anche in simpatia, purtroppo una dote schiacciata dal male fisico e umano e dai lutti a cui sono stata sottoposta dalla vita, tanto da definirmi “una perseguitata”.
Mio padre era un caposaldo della vecchia guardia del paese. Suonava nella banda e pertanto era sempre presente in ogni evento paesano. Inoltre, frequentava il circolo degli anziani dove andava spesso in gita e giocava a bocce.
Il mio babbo non pensava alle vacanze, aveva vissuto nella guerra, aveva conosciuto la miseria e la fame, per cui la domenica non cercava luoghi dove andare; il suo piccolo mondo antico lo portava a visitare i fratelli e sorelle.
Durante la settimana, dopo cena si andava “a veglia”, partivamo con la nostra 500L e si faceva visita ai miei zii, oppure accadeva il contrario, erano loro che venivano a trovarci.
La Domenica pomeriggio si ripartiva e si andava a trovare i parenti un po’ più distanti, a turno, ma sempre strettamente collegati da un legame consanguineo molto forte e voluto in primis dal mio babbo.
Ogni volta che un fratello o chicchessia portava il nostro cognome o quello di mia madre, e finiva all’ ospedale o al camposanto, mio padre si precipitava a fare visita e a portare consolazione. Anzi, per quanto riguarda i funerali, andava da tutti i compaesani che lo hanno preceduto.
Con la nascita dei nipoti e con la nuova qualifica di Nonno, mio padre lasciò la sua 500L al suo destino e passò alla Panda. Iniziò per lui una nuova era: fare lo “shoffer”, trasportando i pargoli in ogni dove…compresa me: autista ufficiale nei miei lunghi viaggi ospedalieri.
Quando arrivò per mio padre una leucemia fulminante, seguitò a dimostrarci un amore infinito, fatto di parole, gesti e sorrisi fino all’ ultimo momento.
E se io oggi sono qua a ricordarlo ancora, è perché quell’ amore arde sempre in me, è un fuoco che io alimento nel mio cuore perennemente e sarà così finché lo raggiungerò.
Giusy Beatrice Lorenzini ♥️
Scrittrice per passione